Il problema…
La disponibilità immediata e vicina di farmaci e presidi utili al primo soccorso ha portato, nel corso degli anni, alcuni professionisti a acquisire l’errata (più correttamente illegale) abitudine di appropriarsi di presidi ospedalieri per ragioni meramente personali. Sebbene spesso si tratti di piccole quantità o di piccoli valori (come ad esempio una compressa di paracetamolo), il problema è noto da anni e le dinamiche che girano attorno sono, a mio parere, molto interessanti.
Certamente comprendo che sembri un’esagerazione far finire nei guai un dipendente per una singola compressa per il mal di testa, però in linea (nemmeno del tutto) teorica è una possibilità.
Appropriarsi di una proprietà dello stato per trarne vantaggio è certamente un reato. Inoltre bisogna considerare che è anche un danno economico che si perpetua nei confronti della pubblica amministrazione. Infine bisogna tenere a mente che il soggetto che compie il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio; questo rende tutto più complesso. Infine, queste azioni rientrano nell’illecito disciplinare, in quanto propriamente specificato nel Codice di Comportamento del Pubblico Dipendente.
Analizzeremo dunque i vari aspetti di questa problematica, specificando cosa si potrebbe rischiare, nell’appropriarsi di qualcosa appartenente alla pubblica amministrazione.
I Reati che si commettono…
Prendere senza alcun diritto materiale o farmaci dalla propria unità operativa ci mette di fronte a diversi illeciti che di seguito vedremo. La giurisprudenza punisce tale azione come segue:
Furto – art 624 c.p.
“Il furto consiste nella sottrazione illegittima e dolosa della cosa altrui a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri.”
Art. 624 Codice Penale – Fonte Brocardi.it
Come in citazione, l’articolo interessato è il 624 del Codice Penale. Si specifica che l’azione deve essere dolosa e la sottrazione deve portare un profitto per se o altri.
Reato di peculato – art. 314 c.p.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
Art. 314 Codice Penale – Fonte Gazzetta Ufficiale
La norma dunque punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria.
Al secondo comma, la medesima norma prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e, questa, dopo l’uso, sia stata immediatamente restituita. La tenuità del fatto non giova dal punto di vista delle pene inflitte.
Bisogna poi ricordare che qualora si parlasse di farmaci stupefacenti, i reati possibili sarebbero molti di più. A tal proposito, invitiamo a leggere l’articolo sulla gestione degli stupefacenti che verrà pubblicato a breve.
Norme di Comportamento
In caso di procedimento penale per uno dei reati su elencati, è prevista la sospensione dalla Pubblica Amministrazione e il successivo, in caso di conferma, licenziamento.
Il dipendente che commette tali reati inoltre contravviene agli articoli 1, 2 e 3 del Codice di Comportamento del Pubblico Dipendente.
Nei primi tre articoli si definisce che il Dipendente pubblico, deve dunque essere diligente, leale e imparziale. Egli non svolge attività che può contrastare con il corretto adempimento dei suoi obblighi nei confronti della Pubblica Amministrazione. Egli inoltre non utilizza beni di proprietà della PA per fini privati.
Per tal motivo la semplice azione di appropriarsi di un prodotto o di un servizio della Pubblica Amministrazione utilizzandolo per fini privati può diventare motivo di contestazione sul lato disciplinare e portare ad un possibile licenziamento.