Caro Lettore, suppongo che il titolo abbia già di per se espresso tutta la mia idea riguardo all’utilità di questa antica, medievale ed inaccettabile pratica, ancora, purtroppo, così largamente diffusa, sopratutto in RSA oppure reparti di tipo geriatrico/psichiatrico.
Prima di analizzare gli aspetti etici e morali, che un professionista sanitario deve affrontare quando all’occorrenza è chiamato, per causa di “forza maggiore”, ad applicare questa pratica discutibile, è interessante fare un excursus delle modalità e tipologia di contenzioni esistenti.
Contenere a tutti i costi
Durante i periodi più oscuri della nostra società, di cui ne siamo partecipi esattamente in questo momento, contenere il problema dilagante, sembra una soluzione più efficace di trovare una soluzione, che spesso sembra molto più complessa. Questa pandemia, ci ha fatto capire, come contenere una problematica, ci dia il tempo, senza alcun dubbio, di riorganizzare, affrontare o magari risolvere il problema principale; ma prevedendo che questa scelta ci costerà un’enormità in termini economici e sociali.
L’esempio del Lockdown appena passato ci ha mostrato come, contenere un problema, diventi dispendioso e spesso sia causa di tante altre problematiche. L’Italia, si è presentata in Europa, chiedendo aiuti per le gravose perdite dei mesi di inattività, atte a ridurre la velocità di contagio, che si è trovata ad affrontare, nelle fasi iniziali di quella che è tra le più gravi pandemie dell’ultimo secolo.
Il problema non è ancora risolto, ma in attesa di una seconda ondata, il sistema contenitivo sembra essersi allentato.
Allo stesso modo, si reagisce in situazioni di acuta emergenza, quando si parla di libertà umane in ospedali e strutture sanitarie annesse.
Contenere un paziente è l’atto più riprovevole che un medico o un infermiere possano fare. Si lede direttamente le libertà personali di un cittadino, che nel corso della sua vita, ha goduto, sempre e comunque, della libertà di uno stato democratico.
Non si può senz’altro accusare il diretto professionista, per aver messo in atto quanto la legge, nella sua inadeguatezza, gli consenta; bensì bisognerebbe puntare il dito contro quel sistema legislativo, e in parallelo quello aziendale, di non trovare soluzioni adatte a garantire, in uno stato di diritto, le libertà personali, anche a chi non è in grado di intendere o volere.
Quando parliamo di contenzioni, le più comunemente usate sono di quattro tipi:
- Contenzione Fisica o Meccanica
- Contenzione Farmacologica
- Contenzione Ambientale
- Contenzione Relazionale
La Contenzione Fisica o Meccanica è il grande accusato, sia dal mio articolo che in generale dai comitati etici che si esprimono a riguardo di questa pratica da tempi lugubri. Con essa si intende altresì la messa in atto di procedure, mezzi e dispositivi applicati al corpo della persona o nello spazio circostante atti a limitare la libertà di movimento. Rientrano quindi nei sistemi di contenzione fisica (detta anche meccanica) i mezzi applicati direttamente sul paziente a letto come le fasce e cinture, le spondine, oppure applicati nelle carrozzine. Si intendono inoltre i mezzi di contenzione per segmento corporeo (cavigliere, polsiere ecc.), i mezzi che obbligano a determinate posture.
Per contenzione farmacologica si intende la somministrazione di medicinali con la finalità di modificare il comportamento della persona e di limitarne i movimenti e i comportamenti. E’ di difficile definizione, in realtà, in quanto non possiamo farla coincidere con ogni tipo di sedazione.
Per contenzione ambientale si intendono le misure consistenti in sistemi di ritenuta di porte e finestre al dichiarato fine di evitare l’uscita incontrollata dalle strutture.
Per contenzione psicologica o relazionale o emotiva, si intende invece la pratica con la quale ascolto e osservazione empatica riducono l’aggressività del soggetto, che sentendosi rassicurato, diviene più collaborante e riducendo il rischio di comportamenti violenti contro se stessi o contro altri.
I Danni da Contenzione Fisica
L’utilizzo delle contenzioni fisiche è causa di due gruppi di conseguenze:
- I danni diretti, causati dalla pressione esercitata dal mezzo di contenzione;
- I danni indiretti, comprendono tutte le possibili conseguenze dell’immobilità forzata (lesioni da pressione, aumento della mortalità, cadute, prolungamento dell’ospedalizzazione).
La Legge è in silenzio…
Come già affermato, quando si parla di contenzioni, le normative non si espongono a riguardo, lasciano un profondo abisso normativo che continua a dare dei grattacapi a professionisti, giudici ed avvocati. Nonostante ci siano alcuni articoli del Codice Penale che prevedano delle pene per l’abuso di questa discutibile azione, non esiste una normativa che indirizzi e identifichi le motivazioni e gli “stati di necessità”, lasciando, di fatto, la decisone al professionista medico.
Di conseguenza, una prescrizione medica deve essere applicata, qualora le condizioni siano necessarie, dal professionista infermiere, discutendone eventuali alternative, cambi di situazioni e sopratutto rifiutandosi qualora intravedesse un possibile contrasto, con l’articolo 571 o 610 del codice penale:
L’abuso dei mezzi di contenzione è punibile in base all’articolo 571 del Codice Penale (“Chiunque abusa di mezzi di contenzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, cura o vigilanza, ovvero per l’esercizio di una professione, è punibile se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente…”) e all’articolo 610 del Codice Penale (“L’uso non giustificato dei mezzi di contenzione potrebbe anche tradursi in accusa di aggressione e violenza”). Altrettanto punibile è la mancata segnalazione, da parte degli operatori sanitari, all’autorità competente di maltrattamenti o privazioni a carico dell’assistito (articolo 33 codice deontologico dell’infermiere).
Quando serve la contenzione – Federazione IPASVI – FNOPI www.fnopi.it
Il risultato, è un profondo paradosso, ma sopratutto una confusione e male-interpretazione della (non)normativa che espone tutti i professionisti, che mettono in atto tale pratica, ad un rischio effettivo sul piano giudiziario.
Dopo la Legge Basaglia (180/1978) gli unici riferimenti normativi riguardo la contenzione in campo psichiatrico e dunque sanitario, spariscono ufficialmente dalla scena normativa; le uniche leggi attualmente esistenti, sono dirette per lo più, nell’ordinamento penitenziario (legge 354/75), che però risulta non applicabile perchè si propone come impedimento a eventuali tentativi di evasione o fuga.
Contro questa orribile pratica, invece, viene in aiuto la Costituzione Italiana con l’articolo 2 sull’autodeterminazione, l’articolo 13 sul diritto all’inviolabilità della libertà personale e l’articolo 32 sul diritto alla salute e alla dignità.
Quando si è senza legge, si fa riferimento alle sentenze
Nel profondo vuoto legislativo riguardante le contenzioni, bisogna dunque affidarsi alle sentenze, laddove, ci siano stati dei precedenti giudiziari.
Viene in “aiuto” il caso Mastrogiovanni, (V sezione, sentenza 20 giugno 2018, n. 50497) paziente divenuto famoso alla cronaca italiana, per essere stato ricoverato in un reparto di psichiatria ospedaliera, contenuto per 87 ore continuative e successivamente deceduto in questo stato di deprivazione delle libertà personali; ha delineato delle “definizioni” sui limiti di questa pratica non normata.
Si inizia dunque, a considerate la contenzione, non più un atto medico, valutando la proprietà non terapeutica di tale azione, ma una coercizione delle libertà personali, a scopo cautelare.
Inoltre si definiscono gli stati di necessità come:
a) il pericolo attuale di un danno grave alla persona;
b) le inevitabilità altrimenti del pericolo;
c) la proporzionalità del fatto.
Il pericolo dunque deve essere puntuale ed immediato, e l’utilizzo della contenzione NON può avere ruolo preventivo, considerando sempre la proporzionalità del fatto.
I Professionisti e i Codici Deontologici
I codici deontologici delle varie professioni, considerano e delineano normativamente, questa pratica dedicandoci un articolo:
Nel Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche (2019) si fa riferimento esplicitamente alla Contenzione nell’Articolo 35
L’Infermiere riconosce che la contenzione non è atto terapeutico. Essa ha esclusivamente carattere cautelare di natura eccezionale e temporanea; può essere attuata dall’equipe o, in caso di urgenza indifferibile, anche dal solo Infermiere se ricorrono i presupposti dello stato di necessità, per tutelare la sicurezza della persona assistita, delle altre persone e degli operatori. La contenzione deve comunque essere motivata e annotata nella documentazione clinico assistenziale, deve essere temporanea e monitorata nel corso del tempo per verificare se permangono le condizioni che ne hanno giustificato l’attuazione e se ha inciso negativamente sulle condizioni di salute della persona assistita”.
Articolo 35 Contenzione – Codice Deontologico Professioni Infermieristiche FNOPI
Nel Codice di Deontologia Medica invece l’articolo di riferimento è il numero 32
“Il medico prescrive e attua misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali nei soli casi e per la durata connessi a documentate necessità cliniche, nel rispetto della dignità e della sicurezza della persona”
Articolo 32 Contenzione – Codice di Deontologia Medica FNOMCEO
I Fisioterapisti invece inseriscono nel loro Codice Deontologico l’Articolo 28 che fa diretto riferimento alla pratica in questione:
“La contenzione è una pratica clinica eccezionale che deve salvaguardare il rispetto della dignità e della libertà della persona.
Articolo 28 Contenzione – Codice Deontologico dei Fisioterapisti
Nel caso di persone incapaci, ancorché non sottoposte a misure di sostegno giuridico, la contenzione deve proporsi l’obiettivo di tutelare la salute della persona e non può essere mezzo vicariante le carenze assistenziali dell’organizzazione”.
Il Modello Inglese
Senza dilungarmi molto, sulla normativa inglese, basti sapere che le contenzioni fisiche, nel paese della regina, sono assolutamente vietate. Nel caso i paziente risultassero a rischio e necessitassero di maggiore o speciale assistenza, i trust (Gli ospedali) sono tenuti a aumentare il numero di personale o utilizzare personale dedicato per queste persone, applicando metodiche semplificative e preventive, abbandonando totalmente quelle coercitive.
Un esempio potrebbe essere l’uso dell’High/Low Bed, un letto che si posiziona a livello del pavimento, con un secondo materasso accanto che eviti la caduta del paziente confuso. Il paziente comunque dovrà sempre avere personale di sorveglianza in stanza, che provveda a tutte le necessità dello stesso.
Il personale invece, spesso degli healthcare assistant (i nostri OSS), vengono forniti dalle Agency (a carico dell’Ospedale e non del paziente/parente), per tutto il periodo del ricovero nell’unità operativa.
Conclusioni
Le contenzioni sono una pratica che contrastano con la nostra Costituzione, specialmente quando si parla di ambito ospedaliero, residenziale e sanitario. La mancanza di normativa a riguardo, dopo l’emanazione della legge Basaglia (180/1978) ha portato la magistratura a dover provvedere in autonomia, a “legiferare”, tramite sentenze, riguardo questo pericoloso vuoto normativo, che dura da ormai più di 40 anni e che dovrebbe essere motivo di preoccupazione per cittadini e professionisti.
L’utilizzo delle contenzioni fisiche, dovrebbe essere totalmente vietato e le aziende dovrebbero essere portate a dedicare del personale ad hoc (con rapporto 1:1) per i pazienti a rischio e dedicando il proprio budget all’acquisto di ausili preventivi e non contenitivi/coercitivi.
Fonti utilizzate:
Legare i pazienti? Liceità e illiceità giuridica e deontologica della contenzione di LUCA BENCI
Quando serve la contenzione – Federazione IPASVI – FNOPI – Articolo su Ordine Medici Latina