L’Emergenza Covid non è ancora finita, ma è bastato un allentamento delle condizioni e degli stati di paura per riportare nel dimenticatoio quelle classi di professionisti che nonostante permangano in prima fila, ora sono tornati ad essere quello che da anni, e sopratutto negli ultimi tempi, abbiamo definito come “Carne da Macello”.
Basta rientrare in parte da un Emergenza Sanitaria che ha messo in ginocchio il paese, per sentire non addetti a lavori, tra i quali critici d’arte, che per anni hanno generato compensi maestosi sulle spalle degli italiani lavoratori, tra cui infermieri, scagliarsi nuovamente su quelle professioni che giornalmente lottano per il bene della comunità.
Definiti e visti come i nuovi demoni, quando poche settimane or sono, provavano in modo forzoso a costringerci di accettare la misera spilletta di angeli o eroi, adesso ci troviamo a guardarci attorno, chiedendoci quali, tra le promesse fatte in periodo di paura collettiva, verranno mantenute. Dell’aumento di salario, nessuno ne parla più e persino i bonus per chi ha lavorato in prima linea sembrano tardare o non essere più la promessa del momento. Il popolo del web nel frattempo si scaglia contro i professionisti sanitari con affermazioni del tipo “Tu hai scelto quel lavoro, ora stai zitto e lavori!” mentre altri, che a definirli onorevoli sembra di cattivo gusto, provano dall’alto della loro ignoranza in materia a costringerci nuovamente allo status di meri esecutori.
Sia chiaro, noi abbiamo scelto questa professione, ma non abbiamo scelto di lavorare a queste condizioni, ne mai avremmo pensato che per uno stipendio da operaio dovessimo rischiare la vita in questo modo. Inoltre, noi abbiamo la scelta di smettere di essere infermieri, ma purtroppo ancora non possiamo scegliere di rifiutarci di assistere chi nei nostri confronti, sistematicamente rivolge soprusi, violenze e minacce. Il giorno in cui avremo questa libertà, la sanità tornerà ad essere ricercata e la valorizzazione un motivo di preoccupazione anche per l’utente finale.
Siamo tutti certi che tra noi abbiamo tante mele marce, molti infangano la professione, sopratutto nel proferir in modo in adeguato o nell’agire come se fossero privi di moralità e responsabilità, ma tanti altri sono in prima linea contro i mali della collettività, difendendo i cittadini anche da quei professionisti che tanto professionali non sono.
Alla fine di questa emergenza molti infermieri hanno deciso di ri-organizzarsi, provando a creare nuove sigle sindacali, nuovi gruppi Facebook e movimenti di lotta contro il “sistema”. Con toni “post- presa della bastiglia” e animo da rivoluzionario, hanno alimentato dentro l’un l’altro l’idea di poter protestare e chiedere di cambiare realmente ciò che per decenni ormai è inaccettabile.
Come dunque predetto e suggerito nel titolo, tutto questo è frutto di una cattiva interpretazione degli attuali tempi, della nostra situazione lavorativa e degli obblighi contrattuali.
Non ho potuto non far caso alle azioni di protesta messe in atto dal popolo del web che, giustamente contrariato da governanti e direttori inadeguati, hanno deciso di unirsi sotto un unica bandiera, richiedendo i propri diritti e sopratutto un miglioramento dell’attuale stato contrattuale.
Tra gli slogan, sicuramente troviamo quello di uscire dal Comparto Sanità, una prigione che ci costringe ed al contempo accomuna a tutti coloro che in azienda sanitaria, professionisti non sono; Al contempo però si richiedono più responsabilità e stipendi adeguati alla media europea. Quello che dovrebbe essere il minimo sindacale in Europa, in Italia diviene motivo di lotta.
Questa battaglia deve essere combattuta, ma alle regole del nostro nemico, tentando di non causare disservizi nella gestione dei reparti, auto-decurtandoci gli stipendi, lavorando gratuitamente per il bene della continuità assistenziale. Andatelo a dire a coloro che sui social scrivono “Gli Infermieri devono fare gli Infermieri” oppure “hai scelto questo lavoro, ora ti arrangi”. Dite pure a questi signori, che ci è negato il diritto di scioperare come qualsiasi altra professione, oppure che a noi è concesso solo lavorare, senza neppure poterci lamentare, o pubblicamente esporre delle preoccupazioni sui social.
Siamo dunque incatenati agli obblighi della nostra professione, speriamo che i risultati arrivino dal cielo, consapevoli che, a queste regole di gioco, la battaglia non può essere vinta.
Siamo in attesa di contrattazioni da parte dei sindacati, che attualmente, hanno solo esplicato al meglio la loro funzionalità di richiedere il contributo mensile, e non molto più. Siamo in attesa anche di contrattazioni da parte della Federazione, che in non poche occasioni, nei primi momenti di pandemia, ha dimostrato di non avere il polso per gestire le istituzioni che pressanti chiedevano vittime sacrificali. Ma sopratutto siamo in attesa di vedere come tutte quelle promesse, che da elettori abbiamo ascoltato per mesi e mesi, si trasformino in realtà.