Gli Italiani sono un popolo di artisti e navigatori, di chef stellati e grandi scienziati, ma sopratutto di ottimi professionisti sanitari e temibili boss mafiosi. Un finale non inaspettato, considerando il titolo, ma sopratutto considerando, che un italiano nel corso della sua vita ha una probabilità altissima di entrare in contatto con il sistema mafioso. Spesso non ci si rende conto, ma in questa Nazione è molto probabile, che un giorno o l’altro, si incrocierà la strada con qualcuno affiliato a questa antichissima e pestilenziale organizzazione.
Percentualmente, parrebbe di dire che più si va a Sud, più le possibilità si fanno reali, considerando che la patria della mafia è il meridione (un triste primato di cui faremmo piacevolmente a meno). Sembrerebbe invece, dalle ultime inchieste antimafia, che la nuova dirigenza mafiosa abbia trovato una nuova luce e una nuova scappatoia, esattamente nei luoghi che per anni abbiamo considerato “mafia-free” e che per lo più si limitavano ad essere noti per fatti di cronaca, corruzione o per la presenza di aziende truffaldine. Quei boss, delle mafie e delle ‘ndrine maggiori, hanno lavorato nel corso di decenni all’inserimento di nuove dirigenze istruite, in modo tale che divenissero capi insospettabili delle nuove frontiere di business. Certamente parliamo di maglie che si divincolano nel substrato della società colpendo tutti i campi, incluso però, quello sanitario.
Cliniche Private, Farmacie, Case di Riposo, Asl e Ospedali in generale, questi ricchi obiettivi della Sanità Lombarda, Laziale, Umbra e praticamente di tutto il territorio nazionale, sarebbero diventati bersaglio della ‘ndrangheta, o della mafia in generale, che con mosse degno di veri strateghi, hanno potuto inserire, parenti e affiliati all’interno della dirigenza pubblica. In un report di Business Insider (Link a fondo pagina) vengono definiti i “Principi Mafiosi”, lontani dal calcestruzzo e dal sangue causato dalla rivoltella, e più vicini alla contabilità sanitaria, ai pazienti e alla dirigenza in generale.
Un processo ritenuto minuzioso e insospettabile, che intreccia medici, infermieri, farmacisti e amministrativi, con le famiglie ‘ndranghetiste. Persone con cui è possibile “parlare” perchè loro “capiscono il discorso”.
Qualcuno potrebbe affermare che talvolta si vuol vedere la Mafia laddove non esiste, ma la realtà dei fatti dimostra, come questa situazione, non sia solo un congettura giornalistica. Lo stato delle cose è stato descritto dal Cross, L’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università Statale di Milano. Questa tesi inoltre non è solo un sospetto o una teoria priva di fondamento.
Nel 2018, infatti, si hanno, per la prima volta, prove di queste incredibili dichiarazioni. Sono diverse le Farmacie di Milano che vengono chiuse o colpite da interdittive antimafia e ritiri di licenza. In alcune di queste, si troveranno persone legate ai clan: figli e nipoti. Sebbene poi nessuno di essi verrà mai ufficialmente accusato. Ilda Boccassini capo del DDA di Milano affermerà di come sia peculiare, che molti giovani appartenenti ad alcune famiglie, decidano di intraprendere la carriera di farmacisti. Infatti, proprio nel Cross, si descrive come le Farmacie diventino attività di interesse per le mafie. Le caratteristiche interessanti di quest’ultime per i clan, sono la natura privata delle stesse, il loro connubbio con il mondo sanitario pubblico e il fatto che, per questioni di operatività, siano sottoposte a controlli più agevoli.
Nelle farmacie, ormai oggetto di ossessione per la ‘ndrangheta, si esplora un campo mai esplorato dalle attività illecite. Stando al rapporto del Cross, avere una farmacia renderebbe i mafiosi possessori di enormi rubriche relazionali per stringere accordi e fare affari, li porterebbe a contatto con denaro pubblico, permetterebbe di riciclare enormi quantità di denaro e sopratutto li potrebbe portare a gestire anche traffici illeciti di farmaci e droghe.
Ovviamente la situazione non interesserebbe solo le farmacie, ma anche le ASL e gli ospedali pubblici.
In un articolo de “La Stampa” si denuncia come gli appalti fossero pilotati a favore dei clan di Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta e ancora una volta si fa riferimento non solo al meridione, ma a tutto lo Stivale. Partendo dalla Calabria e arrivando fino in Lombardia. Una situazione paradossale, che vede dirigenti interdetti dai pubblici uffici per associazione mafiosa, ma stipendiati comunque per anni. In alcuni casi, stipendiando persino chi si trovava in prigione a scontare la propria pena.
In un interessante reportage di Quotidiano Sanità si racconta come la Direzione Antimafia lanci l’allarme di questa infiltrazione che colpisce il lato sanitario. La stessa segnala un mutamento nella natura della Mafia, realtà preoccupante, per via dei nuovi scenari apertisi nel business criminale sanitario. Un evoluzione simile ad un batterio che sviluppa un antibiotico-resistenza, attaccando l’organismo laddove non è mai stato attaccato e dinfendendosi brillantemente da quelli che erano un tempo delle armi letali.
Gli strumenti, come nei casi prima citati, sono affinati, non si usa più la rivoltella o la lupara, si utilizza la corruzione, le tangenti e il riciclaggio. In una catena ben ingrassata, dove l’imprenditore colluso o mafioso ha la possibilità di entrare in circuiti di gare d’appalto, oliando il meccanismo e mettendo sul libro paga, funzionari e politici. Una figura di rilievo sarà il mediatore, talvolta un professionista, che diventa motivo di legame tra un business e l’altro. Anche in questo articolo, infatti, ritorna ridondante la figura del “Principe Mafioso” o della “Borghesia Mafiosa”, gettando le basi a quelli che sono i nuovi modelli di mafia. Non più spietati killer, ma dirigenza ben istruita e di fine intelletto. Sullo stesso Quotidiano in un altro articolo si scopre come, questo problema di infiltrazione, sia stato fatto notare agli enti ordinistici di professione, che tendenzialmente hanno mostrato apertura e disponibilità nel ripulire i propri albi da questo marciume, chiedendo però alle Procure, più collaborazione a livello provinciale, in modo da agire tempestivamente per contrastare il problema.
Nessuna regione è esente dal problema, le notizie sui giornali si succedono, giorno dopo giorno, si inizia dalle regioni del Sud Italia, per una naturale attenzione mediatica, passando però dal centro arrivando fino al Settentrione.
Non si può che sperare nel lavoro della magistratura, degli enti e delle associazioni che lavorano per dare trasparenza alla nostra preziosa sanità. Che comunque rimane e rimarrà, sempre, colma di onesti Infermieri, Medici, Farmacisti, Amministrativi e Dirigenti.
Se aveste bisogno di maggiori informazioni, come è ovvio che sia, lascio le fonti con i relativi Link.
Fonti:
- La ‘ndrangheta ha una strategia per mangiarsi la sanità lombarda: i parenti dei boss diventano medici e farmacisti – Business Insider – Link
- Appalti pilotati e truffe: Cosi la borghesia mafiosa condiziona la sanità – La Stampa – Link
- Mafia. Da Nord a Sud la sanità è bottino ghiotto. Allarme Direzione Antimafia su appalti e servizi – Quotidiano Sanità – Link
- Medicina e odontoiatria a rischio di inflitrazioni mafiose e criminali: audizione Fnomceo alla Commissione antimafia – Link