Il titolo non lascia spazio ad interpretazioni, l’utilizzo di contenzioni, perlomeno in Italia, è ancora ampiamente diffuso. Il loro utilizzo è presente sia negli ospedali pubblici e privati, che nelle residenze per anziani. La necessità deriva, in primis, dalla mancanza sistematica di personale che garantisca il supporto necessario per sorvegliare correttamente in pazienti. Inoltre, la mancanza di una norma che preveda chiarificazioni e linee guida sull’utilizzo, pone questa “usanza” in una zona grigia legislativa che le abilita in status di “non illegali”. Bisogna però ricordare che la libera (o quasi) interpretazione del giudice di turno, pone i professionisti, che sono costretti a farne uso (per sopperire alle gravi carenze di organico), in una scomoda posizione.
In uno stato di diritto inoltre è preoccupante l’inadeguatezza normativa su una tematica così importante. Questa situazione pone a rischio pazienti e operatori di sanità.
Le Contenzioni: Quali tipi esistono e cosa sono?
Quando parliamo di contenzioni si tende a dividerle in quattro tipi:
- Contenzione Fisica o Meccanica
- Contenzione Farmacologica
- Contenzione Ambientale
- Contenzione Relazionale
La Contenzione Fisica o Meccanica è il grande accusato. Queste contenzioni sono spesso accusate dai comitati etici. Con contenzione fisica si intende altresì la messa in atto di procedure, mezzi e dispositivi applicati al corpo della persona o nello spazio circostante atti a limitare la libertà di movimento. Rientrano quindi nei sistemi di contenzione fisica (detta anche meccanica) i mezzi applicati direttamente sul paziente a letto come le fasce e cinture, le spondine, oppure applicati nelle carrozzine. Si intendono inoltre i mezzi di contenzione per segmento corporeo (cavigliere, polsiere ecc.), i mezzi che obbligano a determinate posture. Qualsiasi oggetto o presidio che limiti anche in maniera indiretta il libero movimento del paziente è considerabile contenzione fisica o meccanica.
Per contenzione farmacologica si intende invece la somministrazione di medicinali con la finalità di modificare il comportamento della persona e di limitarne i movimenti e i comportamenti. Anche in questo caso, l’argomento può essere complesso. I farmaci antipsicotici o sedativi sono spesso utilizzati per altri scopi, dunque non è il farmaco a determinare l’esistenza di una contenzione, ma l’indicazione per cui tale farmaco viene somministrato.
Per contenzione ambientale si intendono le misure consistenti in sistemi di ritenuta di porte e finestre al dichiarato fine di evitare l’uscita incontrollata dalle strutture. Questo è largamente visibile nelle strutture del territorio residenziali.
Per contenzione psicologica o relazionale o emotiva, si intende invece la pratica con la quale ascolto e osservazione empatica riducono l’aggressività del soggetto, che sentendosi rassicurato, diviene più collaborante e riducendo il rischio di comportamenti violenti contro se stessi o contro altri. Tale contenzione può essere vista ad esempio nella presenza di famigliari in stanza del paziente che vigilino costantemente il comportamento di quest’ultimo. Oppure la presenza di un operatore di supporto specificatamente impiegato per sorvegliare il paziente.
Contenzioni: Cosa dice la Legge finora?
L’abuso dei mezzi di contenzione è punito dal Codice Penale Italiano. Nella fattispecie ne fanno riferimento gli articoli 571 e 610 del Codice Penale.
“Chiunque abusa di mezzi di contenzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, cura o vigilanza, ovvero per l’esercizio di una professione, è punibile se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente…”
Articolo 571 del Codice Penale
“L’uso non giustificato dei mezzi di contenzione potrebbe anche tradursi in accusa di aggressione e violenza”
Articolo 610 del Codice Penale
La Costituzione inoltre tutela le libertà personali del cittadino nello specifico negli articoli 2, 13, 32.
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità […]”
Articolo 2 Costituzione Italiana
“La libertà personale e individuale. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
Articolo 13 Costituzione Italiana
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla Legge. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà”.
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
Articolo 32 Costituzione Italiana
collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento se non per disposizione di legge”.
Come ormai comprensibile, la Costituzione e il Codice Penale puniscono i trattamenti e le procedure eseguite sotto modalità coercitive. Inoltre tutelano sempre le libertà fondamentali dei cittadini della Repubblica. Questo apre un profondo dibattito etico e morale sull’utilizzo di misure di contenzione nei confronti di liberi cittadini, seppur in stato di necessità.
Facendo inoltre riferimento ai Codici Deontologici delle varie professioni si considera la contenzione un atto eccezionale da utilizzare nei limiti previsti per legge.
Nel Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche (2019) si fa riferimento esplicitamente alla Contenzione nell’Articolo 35
L’Infermiere riconosce che la contenzione non è atto terapeutico. Essa ha esclusivamente carattere cautelare di natura eccezionale e temporanea; può essere attuata dall’equipe o, in caso di urgenza indifferibile, anche dal solo Infermiere se ricorrono i presupposti dello stato di necessità, per tutelare la sicurezza della persona assistita, delle altre persone e degli operatori. La contenzione deve comunque essere motivata e annotata nella documentazione clinico assistenziale, deve essere temporanea e monitorata nel corso del tempo per verificare se permangono le condizioni che ne hanno giustificato l’attuazione e se ha inciso negativamente sulle condizioni di salute della persona assistita”.
Articolo 35 Contenzione – Codice Deontologico Professioni Infermieristiche FNOPI
Nel Codice di Deontologia Medica invece l’articolo di riferimento è il numero 32
“Il medico prescrive e attua misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali nei soli casi e per la durata connessi a documentate necessità cliniche, nel rispetto della dignità e della sicurezza della persona“
Articolo 32 Contenzione – Codice di Deontologia Medica FNOMCEO
I Fisioterapisti invece inseriscono nel loro Codice Deontologico l’Articolo 28 che fa diretto riferimento alla pratica in questione:
“La contenzione è una pratica clinica eccezionale che deve salvaguardare il rispetto della dignità e della libertà della persona.
Articolo 28 Contenzione – Codice Deontologico dei Fisioterapisti
Nel caso di persone incapaci, ancorché non sottoposte a misure di sostegno giuridico, la contenzione deve proporsi l’obiettivo di tutelare la salute della persona e non può essere mezzo vicariante le carenze assistenziali dell’organizzazione”.
Dopo la Legge Basaglia (180/1978) gli unici riferimenti normativi riguardo la contenzione in campo psichiatrico e dunque sanitario, spariscono ufficialmente dalla scena normativa; le uniche leggi attualmente esistenti, sono dirette per lo più, nell’ordinamento penitenziario (legge 354/75), che però risulta non applicabile perché si propone come impedimento ad eventuali tentativi di evasione o fuga.
Come conseguenza a questo vuoto normativo, è necessario fare riferimento a quelle sentenze che hanno deliberato decisioni e nella fattispecie una proto-forma di linee guida. In questo caso, bisogna citare quanto deciso con la V sezione, sentenza 20 giugno 2018, n. 50497. In gergo denominata “Sentenza Mastrogiovanni”.
In tale sentenza si è deciso che le contenzioni non possono essere considerate “atto medico” essendo di fatto uno strumento coercitivo di deprivazione delle libertà personali e non avendo alcun ruolo terapeutico. In questo caso, gli imputati hanno ribadito che come disposto dall’articolo 12 del codice deontologico medico: “al medico è riconosciuta piena autonomia nella programmazione, nella scelta e nell’applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico”. I giudici però non sono di questo avviso. Considerano non applicabile questo ragionamento al caso preso in esame. Le contenzioni non hanno alcun ruolo terapeutico o diagnostico.
Le contenzioni possono essere utilizzate solo in caso di vero stato di necessità.
Si definiscono gli stati di necessità come:
a) il pericolo attuale di un danno grave alla persona;
b) le inevitabilità altrimenti del pericolo;
c) la proporzionalità del fatto.
Il pericolo dunque deve essere puntuale ed immediato, e l’utilizzo della contenzione NON può avere ruolo preventivo, considerando sempre la proporzionalità del fatto.
(….) occorre che il pericolo di un grave danno sia attuale ed imminente, o, comunque, idoneo a far sorgere nell’autore del fatto la ragionevole opinione di trovarsi in siffatto stato, non essendo all’uopo sufficiente un pericolo eventuale, futuro, meramente probabile o temuto. Si deve trattare di un pericolo non altrimenti evitabile sulla base di fatti oggettivamente riscontrati e non accertati solo in via presuntiva.
V sezione, sentenza 20 giugno 2018, n. 50497
In conclusione, non è ammissibile l’applicazione della contenzione in via “precauzionale” sulla base della astratta possibilità o anche mera probabilità di un danno grave alla persona, bensì il pericolo deve essere non altrimenti evitabile sulla base di fatti oggettivamente riscontrati, e non solo presunti.
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