Gentile lettore,
Ascoltiamo con attenzione le notizie che arrivano dal fronte della contrattazione nazionale per il nostro contratto, e finora abbiamo solo capito che anche questo triennio (anche se per correttezza, dobbiamo ricordare che sarebbe quello già passato) perderemo l’occasione di salvare il salvabile.
(Firma anche tu la Petizione su Change.org QUI)
Il periodo pandemico nel totale, ci ha portato ad avere: Un riconoscimento provvisorio di un titolo che nessuno voleva, un’indennità mai ricevuta ed un plateale benservito. Lo hanno visto i cittadini, lo hanno visto i sindacati, lo hanno visto anche i dirigenti. Ma per ora tutto tace.
Degli stipendi bassi, se ne parlava su tutti i talk-show durante la pandemia, quante ore ho passato ad ascoltarli solo e lontano da casa. Negli stessi salotti TV adesso si parla dei licenziamenti e del precariato che vive la professione. Prevedibilmente, domani torneremo al nostro oblio professionale.
Ma qualcuno lo aveva previsto. Molti di noi lo avevano previsto (Link all’articolo). Qualcuno invece ora sembra cadere dal cosiddetto pero. Sono gli stessi che gestiscono le aree aziendali e la politica sanitaria. Sono quelli che col camice indosso si fanno chiamare Dirigenti. Per carità, non tutti sono così!
Ma credo che il problema è avere una classe dirigente che vive il proprio ruolo come un salvataggio da ciò che erano, e non come una evoluzione professionale.
Non raramente, mi è capitato di vedere e sentire parlare alcuni dirigenti infermieristici definirsi solo “Dirigenti” escludendo sempre la parola infermiere.
La stessa discriminazione non è condivisa dai più presenti e numerosi Dirigenti Medici, che fieramente sbandierano ai quattro venti di essere Medici o Chirurghi.
Perché dunque non mostrare all’Italia, alle varie Agenzie di Contrattazione o magari agli istituti di statistica che l’infermiere è anche dirigenza? Perché non mostrare all’Italia che l’infermiere è un degno professionista, che ha salvato l’Italia, e che non ha mai smesso di farlo.
La verità è che alcuni dirigenti, come pedoni di una scacchiera politica, una volta arrivati alla meta, per merito o fortuna, si trasformano in Regine, Torri e Alfieri. Essi cambiano natura, essenza e ruolo. Da semplici pedine sacrificabili come noi tutti, diventano pezzi della scacchiera fondamentali, necessari per portare a termine la partita.
Dunque tocca ai pedoni rimboccarsi le maniche, perché dalle neo-regine e dalle neo-torri non c’è da aspettarsi fuoco e fiamme. Felici di essere seduti sul loro ricco bottino, dimenticano la parola “Demansionamento” e imparano la più triste e lugubre parola usata in sanità: “Budget”. Ma non solo, sembra che dimentichino anche la terribile sensazione di rabbia che, nel leggere la busta paga, cresce contro il sistema e genera Burnout.
Una mobilitazione nazionale sarebbe troppo da chiedere, lo so. La nostra professione non ama se stessa. Per lo più, ama rimanere rintanata nei sindacati, insieme agli amministrativi e al calderone del comparto.
La nostra professione non vuole un’identità che imponga rispetto preferisce guerreggiare in casa contro tutto e tutti. Pedoni che attaccano se stessi, solo perché dipinti da un colore diverso.
Feci un sogno tempo fa: I pedoni di una scacchiera, uniti e non più divisi dal colore, attaccavano i vari pezzi della scacchiera, che soli e divisi per tipologia e colore, soccombevano all’impatto di un invasione così numerosa.
Un dubbio però mi assali al mio risveglio: “E se uno di quei pedoni fosse diventato nuovamente regina?”
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