Ma quali eroi? Ma quali professionisti?
Gli infermieri tornano ad essere la manovalanza della sanità.
In questi giorni, si è discusso a lungo della famosa “indennità Infermieristica”, inizialmente re-inserita (essendo un’indennità già nota negli anni novanta) nella nuova legge di bilancio, ma a seguito del malcontento generato nelle altre professioni sanitarie, appartenenti al CCNL, si è ritornati a discutere la questione, allargando il “bonus” anche alle altre professioni.
Ancora una volta, la più grande fetta del comparto sanità, in grado di paralizzare da sola e in un solo giorno l’intera sanità, si ritrova a dividere il piccolo gruzzolo guadagnato, con professioni, che si trovano nel minestrone del CCNL.
Per quanto si può essere d’accordo sul potenziare gli investimenti ad altre professioni e agli amministrativi, che nella fattispecie, hanno preso bonus covid al pari degli infermieri schierati in prima fila, ci si ritrova ad ogni passo avanti (molto più figurativo che reale, considerando la scarsità degli investimenti inviati per ripristinare questa indennità) a dover cedere una fetta di questa conquista con le professioni sorelle nel CCNL.
La FNOPI e i sindacati di categoria si sono sollevati all’ennesima beffa del Governo, tuonando per la loro scarsa considerazione, nei confronti di coloro, che fino a pochi mesi fa venivano chiamato eroi.
Sebbene la categoria Infermieristica riesce, sgomitando violentemente, a portare avanti le proprie battaglie, le tempistiche di politica e approvazione risultano sempre troppo lunghe.
La causa talvolta è da ricercarsi nelle frange di infermieri che compongono l’intera professione. Molti professionisti sono ancora troppo vicini ancora allo spirito di trent’anni fa, con un servilismo nei confronti dei medici che risulta, non solo a mio dire, disgustoso. Molti invece, si ritrovano a accettare, sebbene l’estrema necessità che caratterizza il periodo storico, compensi iniqui e vergognosi; infine altri a fatica riescono a coniugare un verbo, oppure a esporre un problema o una criticità senza cadere nel ridicolo.
Questa eterogeneità presente nella professione e forse mai risolvibile, fa di noi una professione debole, che non segue all’unisono gli obiettivi per i quali siamo chiamati a raggiungere e che si ritrova a gestire le complessità della crescita professionale sul territorio nazionale, a macchia di leopardo.
Nonostante si continui a fare informazione, nel tentativo di spiegare l’importanza degli enti cardine, non è raro, vedere nei commenti frasi del tipo “La FNOPI che fa?”, oppure “Il Covid è solo un’influenza” etc etc; delineando agli occhi di tutti, in pochi brevi concetti, l’ignoranza in materia.
Non è l’articolo per spiegare la funzione degli ordini professionali, e nemmeno il ruolo dei sindacati, ma basti sapere che se hanno nome e natura giuridica differenti, ci sarà forse un motivo. (Se ancora non conoscete la differenza, andate su Wikipedia, sarà tutto più chiaro).
Tornando al becero CCNL, contratto che ci incatena nel limbo dei tanti, nonostante il numero ed il peso politico che potrebbe avere questa professione, è necessario che l’intera categoria, richieda un contratto differente, uscendo da quello che è il comparto sanità. Situazione peraltro già successa con la categoria medica.
Non in grado di poter esprimere il nostro fabbisogno di crescita professionale e remunerativa e soprattutto non in grado di gestire la nostra libertà professionale, ci si ritrova a dover attendere una pandemia, per sottolineare il nostro valore, sperando di non ricadere nel dimenticatoio, ma con l’intenzione di bloccare l’anima di un paese civilizzato, qualora queste evoluzioni professionali e contrattuali non venissero istituzionalizzate.
Tema cruciale anche quello dello sciopero, che ci tiene legati ad una orribile realtà, quella della precettazione. Ovvero la costrizione ad andare a lavorare per non bloccare un pubblico servizio, persino in luoghi dove non c’è un mero rischio per i nostri pazienti.
Ed ecco che si diventa da “Eroi” a “Schiavi della Sanità e dello Stato”, che ci vede contrattare insieme ad una platea affollata di professioni, un nostro diritto, per poi vederci mettere da parte (nonostante quella platea è per la maggior parte occupata da noi) accontentando i pochi a discapito dei tanti.
Non è più accettabile continuare su questa linea. Anche The Nursing Post appoggia la decisione di lasciare il Comparto Sanità, per far sì che queste ingiustizie non trancino la testa ai nostri successi e che lo Stato si renda conto, che non siamo più disposti alle trattative comuni.