In Italia ogni anno si spende un budget vicino al miliardo e mezzo per gli interventi di soccorso. Una quantità di denaro che non é passato inosservato a mafie, politici e imprenditori.
Per aprire un Onlus che presta servizio soccorso non é necessaria alcuna qualifica, non é necessaria la laurea o un autorizzazione speciale. Apri l’associazione, ti iscrivi all’albo regionale, compri o affitti le ambulanze, trovi i tuoi volontari e inizi a fare business. Inizi a fare soldi, tanti soldi. Ogni vita in pericolo è liquidità che entra nelle tue casse.
Gli operatori non c’entrano nulla in questo business, loro a stenti vedono il rimborso spese, spesso intorno ai 48 euro a turno (anche se alcune associazione ci fanno il ricarico anche in quello, dandone 25). Lavorano durante il tempo libero, guadagnandosi la qualifica di angeli delle strade. Veri e propri eroi che mettono al servizio le proprie qualità per salvare vite umane. Ovviamente non é tutto oro quell che luccica, esistono tra di loro file di lavoratori a nero, persone che fanno quello come lavoro, e alzano circa 1.500\1.600 euro al mese di rimborsi spese.
L’origine del problema
Il ministero della Salute ha permesso questo scempio molti anni fa, cedendo il controllo alle Regioni, che ovviamente hanno deciso di affidarsi a privati. Dalle Alpi a Santa Maria di Leuca la musica non cambia. Nelle regioni del nord é possibile vedere associazioni più grandi e che sembrano meglio organizzate. Nelle regioni del sud abbiamo piccole associazioni da 3 ambulanze che fanno parte di reti sottocutanee che fanno impressione per la loro complessità ed efficienza. L’obiettivo é sempre uno: il Dio Danaro. Un esempio é NDG che ha perso la poltrona di ministro proprio per uno scandalo sugli appalti del 118. L’efficienza é massima, i soldi scorrono a fiumi nelle casse delle associazioni, ma l’efficienza é ridicola, disservizi in ogni dove, una risposta molte volte lenta, molte volte troppo lenta. Mirella Triozzi, responsabile del settore per il sindacato medici italiani afferma di aver scoperto casi di autisti alcoolizzati e soccorritori zoppi. Uno scempio causato dall’arrivo del privato, un affare che ha fatto scordare che il lato importante della questione é la sopravvivenza del cittadino.
La Puglia delle onlus in guerra
Un esempio perfetto é la Puglia, le 141 basi delle ambulanze costano 68 milioni di euro. La cascata di denaro che ha investito la regione più ricca del sud Italia, ha fatto crescere l’interesse da parte di imprenditori, e dei pregiudicati. Una concorrenza che ha fatto sgomitare le diverse onlus per conquistare una fetta di quel ammonto di denaro. Per ogni ambulanza sono 40.000 euro al mese, il massimo consentito é tre, quindi un incasso mensile di minimo 120.000 euro al mese. Ad ogni presidente rimane circa 6.000 euro al mese. Un ottimo stipendio per la regione Puglia, un ottimo stipendio per qualcuno che non é nemmeno qualificato per prestare assistenza. Marco de Giosa, responsabile 118 della Asl di Bari afferma che c’é più di un sospetto su come siano stati assegnati gli incarichi alle e nelle varie associazioni.
Sembrerebbe, infatti, esserci un Sistema di tangenti che sarebbero smistati ai funzionari arbitri degli appalti. Stando alle inchieste i controlli fanno acqua da tutte le parti. Un esempio é M.L., ex presidente di Operatori emergenza radio, un ente morale locata tra Bari e Modugno, con piú di 50 ambulanze al servizio. Nessuno ha mai controllato la sua fedina penale, nessuno ha mai fatto domande, e nel mentre veniva stipendiato per salvare le vite dei cittadini, diveniva, a detta dei carabinieri che indagano sul caso, anche il ruolo chiave di un attacco ad un furgone portavalori che ha fruttato circa due milioni e mezzo di euro.
In Puglia il business delle ambulanze é mantenuto con una vera e propria Guerra di mafia. Bombe incendarie per le onlus nemiche, ciò che é accaudto tra Bari, Trani, Barletta e Foggia. L’obiettivo é evitare che le vere associazioni di volontari possano spezzare il monopolio dei cartelli del soccorso.
Personalmente, premetto che avevo un impiego, mi presentai ad un paio di Onlus in Provincia di Lecce. La prima mi “offriva” un rimborso spese di 25 euro, la seconda dichiarò apertamente che non erano interessati al mio essere infermiere ma dovevo fare quanto dettato. Ovviamente lasciai perdere e segnalai il fatto.
Milano soffre lo stesso male
Non é solo il meridione, o la Puglia, é un problema italiano. Ogni anno il Pirellone stanzia 315 milioni per dare assistenza rapida. Fatture, guadagni e danaro. Sempre e solo danaro. Ma un incidente stradale ha mostrato un sistema marcio fino all’osso. Non lontano da quello meridionale o pugliese. L’autista che ha avuto un incidente stradale mentre era la guida di un’ambulanza non dormiva da tre giorni. Le indagini sono partite da quell’incidente, e sono arrivate a scoprire quanto marcio fosse divenuto il business del soccorso. Nemmeno la capitale italiana europea é dunque esente. Precari a bordo di ambulanze, pagati a cottimo, obbligati a turni massacranti, mezzi fuori norma e corsi d’addestramento mai eseguiti. Alcuni presidenti di onlus sono addirittura stati accusati di avere dirottato il denaro pubblico destinato all’assistenza a vacanze, videopoker, auto personali e case. Nelle intercettazioni cinicamente affermavano
“ Se stai male, non chiamare le nostre ambulanze, sennó muori”
Povera Italia…
Articolo basato ed estratto da un report de L’Espresso “Sanitá, il soccorso diventa business ‘L’Obiettivo non é salvare, ma incassare’